*Pasquale Del Prete
Il tessuto sociale e produttivo della nostra regione è caratterizzato da una cospicua economia borderline, sommersa ma, in qualche modo, tollerata. In molti casi, questa stessa economia funge da sostegno alla cosiddetta filiera virtuosa che riesce a trarre vantaggio dai servizi offerti dal mercato parallelo, più snello, più competitivo, più conveniente. Le mafie prosperano dove vige l’emarginazione sociale. Le mafie ci vogliono ignoranti per poter meglio condizionarci.
Le mafie lucrano dove maggiore è l’assenza dello Stato.Esempi storici ci riportano ad immagini colorite dell’economia del vicolo, dell’arte dell’arrangiarsi. In queste rappresentazioni, lo Stato, l’uomo di legge, viene percepito quasi come un nemico, dal quale guardarsi e difendersi. Viceversa, il capetto, il boss, il guappo, rappresenta l’immagine della saggezza, della giustizia, dell’onore.
Questo rispetto di cui godono, in realtà, nasconde il timore delle azioni che possono scaturire dal non riconoscerne l’influenza, il potere. Il controllo delle masse, storicamente e politicamente, è sempre stato un tema che ha caratterizzato scontri, passioni, contrapposizioni anche violente.
Il potere politico, il potere economico, il potere mafioso. Quando questi tre poteri si sommano, per contiguità, per acquiescenza, per convenienza ed interesse, si realizza il potere assoluto. Le cronache riportano quotidianamente di collusioni, infiltrazioni mafiose, irregolarità nell’assegnazione di appalti e commesse, traffici illegali, economia drogata. La magistratura, le forze dell’ordine, da veri servitori dello Stato, sono impegnate nel ricostruire i flussi di denaro, nel contrastare il crimine in ogni sua forma, nella ricerca di prove e documenti, con sacrificio e, spesso, rischiando la propria vita. In nome della Giustizia. Tante volte il loro sacrificio viene vanificato da dispositivi e disposizioni che mortificano l’uomo ed il lavoro per il quale si è profuso limpida energia.
La giustizia intesa come semplice applicazione di regole e leggi, codificate e classificate, da sola non basta. La giustizia deve riconoscere a ciascuno ciò che gli è dovuto, riconoscere il diritto di tutti. La negazione della giustizia, è sempre l’ingiustizia. Ma può esserci giustizia quando non vengono assicurate le pari opportunità e venga rispettato il fondamentale diritto all’uguaglianza? Purtroppo, ed è vero, lo Stato anche a fronte di numerosi sforzi, non riesce ad assicurare pari diritti e pari opportunità per tutti.
Dove lo Stato è debole e quindi non viene riconosciuto nella sua autorità, hanno facile gioco le mire della criminalità organizzata. Qui trovano terreno fertile nel reclutare la manovalanza per le azioni criminose, qui impongono le loro regole, qui godono del “rispetto” e vengono riconosciute quale efficace sistema di welfare. Riescono ad assicurare un minimo di sostentamento, a chi è in difficoltà, è chi è in carcere, alle famiglie degli affiliati, ricevendone in cambio riconoscenza e sottomissione, fungono da amministratori della giustizia alternativa.
Intervengono, con forza, nel rimarcare la loro presenza, impongono le proprie leggi. Controllano il mercato della droga, delle estorsioni, dell’usura, influenzano l’economia disponendo di risorse economiche notevoli, di provenienza illecita ovviamente. Questa è la sconfitta dello Stato. In questi casi, non si è realizzata alcuna Sostenibilità. Non è stata assicurata la giustizia sociale. Alla base del malessere atavico che ci portiamo dentro, ed abbiamo incollato addosso, vi è questo.
Nei momenti di particolare criticità, a seguito di conflitti, eventi naturali o, come in questo caso, emergenza sanitaria, vi è sempre chi ne trae beneficio. Basti ricordare, il dopoguerra, il dopo terremoto, e via di questo passo. Oggi, probabilmente, il business è concentrato sulla importazione, produzione e distribuzione di presidi e macchinari sanitari. Ovunque vi è impiego di risorse economiche pubbliche, la mafia c’è. Non dovendo rispettare la cavillosità e la lungaggine della macchina burocratica, spesso arriva prima, occupando spazi di vertice. La mafia ha bisogno del consenso.
Se lo assicura, con le buone o con le cattive. In presenza di questi eventi, come vengono avvantaggiate alcune attività, altre, purtroppo, subiscono negativamente gli effetti delle emergenze. Sono tante le attività già in sofferenza. Attività spesso a conduzione familiare ed artigiane, ma anche piccoli opifici che non riescono più a stare sul mercato con competitività, oppure strutture ricettive, di accoglienza e di ristorazione. Quando tutto appare perduto, quando i fornitori non ti fanno più credito, quando non puoi accedere a finanziamenti, quando le scadenze incombono, ecco che una mano “amica” ti viene in soccorso.
Direttamente, o col passaparola, spesso è la stessa vittima che cerca il contatto e si rivolge all’usuraio. Allora il piccolo prestito per assolvere le incombenze immediate, appare come la manna caduta dal cielo. Poi ci sono gli operai, e dopo vengono le tasse, e poi ci sono le bollette, è inevitabile ricorrere ancora alla “mano amica” che, sempre pronta, ti sostiene. Ma a che prezzo? Ormai sei entrato in un vortice senza fine.
Hai perso il controllo della tua attività e della tua vita, un po per vergogna, un po per il timore di essere giudicato, hai azzerato la tua dignità. Se sei forte, ed hai il coraggio di denunciare il tuo “benefattore”, riesci ad uscirne. Altrimenti, ed è nella realtà dei fatti, il tuo “benefattore” avrà gioco facile nell’acquisire la tua attività. Il silenzio e la complicità rendono questi personaggi sempre più forti. L’aiuto, sotto forma di concessione di piccole somme, la consegna di pacchi alimentari o il disbrigo di una pratica, costituisce la tecnica preferita per avvicinare chi soffre ed è in difficoltà.
E’ un vantaggioso investimento. Ci si assicura il consenso, il sostegno, la riconoscenza, presente e futura. Con minimo sforzo, ma con immediatezza e concretezza, si interviene lì dove lo Stato stenta ad essere presente. E’ pur vero, che in questi momenti difficili, sono tante le organizzazioni ed associazioni di volontariato che si stanno prodigando nel portare sostegno ed aiuto, ma da sole non bastano ancora. La chiesa, le parrocchie, fanno tantissimo, ma anche le scuole, semplici cittadini, associazioni culturali, sociali e sportive fanno la loro parte. Anzi, proprio in certi contesti disagiati, vi sono grandissimi esempi di impegno e di forza per far emergere il buono che, per fortuna prevale. C’è da fronteggiare una emergenza che può generare delle pericolose derive.
E si deve essere preparati. Nell’immediato ed in prospettiva. L’uguaglianza si assicura fornendo a tutti gli stessi strumenti, dando a tutti la stessa possibilità. Serve l’esercito, ma non quello con le armi, bensì quello con i libri, con la cultura. Mostrare i muscoli dello Stato, l’assistenza non intesa come mero sostegno economico, ma come partecipazione alla crescita morale, culturale, sociale di ogni individuo.
Parlare e diffondere una cultura della legalità. Dare e pretendere fiducia. Che non si parli più di elemosine o beneficenza, ma di sviluppo, crescita, opportunità, libertà. L’investimento sarà sicuramente produttivo, se si va ad intercettare il reale bisogno e fornendo ogni supporto che faccia emergere il buono che in ognuno c’è. Dare la consapevolezza che non si è da soli, se si cammina insieme verso un unico obiettivo. Fondamentale sarà non lasciare nessuno indietro. Un piano organico a medio e lungo termine, quindi, che si prefigga obiettivi, che venga finanziato, che sia monitorato e controllato minuziosamente.
Probabilmente, se si agisce con oculatezza e trasparenza, gli impegni economici da porre in campo, saranno inferiori alle somme che di volta in volta vengono impegnate per le assistenze temporanee. E cosa non trascurabile, sarà sottratta manodopera preziosa alle organizzazioni criminali.
(*Coordinatore regionale della FederazioneAntiracket Italia)