Antonio Ferrara*
Ha ragione Raffaele Schettino a proporre una riflessione sul mondo che verrà. Un punto tra i tanti del suo ragionamento mi sollecita a scrivere ed è quello che riassumerei nel tema anziani e memoria. Se tanti hanno riscoperto in questa emergenza il valore delle piccole cose, dei gesti semplici e della lentezza, vuol dire che si può immaginare una ripartenza che guardi all’essenza delle cose e non al loro apparire. In queste lunghe, infinite settimane, abbiamo forse iniziato a comprendere i racconti dei nostri nonni o dei nostri genitori: la sofferenza per non poter fare quello che si vuole. E così capiremo di più e meglio il senso della libertà, direi l’essenza profonda dell’essere libero.
Provate allora a immaginare un tempo nel quale qualcuno vi dice cosa dovete comprare e cosa no, cosa dovete leggere e cosa no, cosa dovete guardare in teatro e al cinematografo e cosa no, chi dovete votare (anzi, poiché si perde tempo) le elezioni le aboliscono tout court, se potete andare all’estero o no, quale camicia indossare e quale no. Come vi sentireste? Come vi sentite in questi giorni di reclusione domiciliare? E riuscite a immaginare che l’orizzonte entro il quale questo modello di vita si esaurirà non è di un paio di mesi, ma invece si conta sugli anni, dieci, anzi venti per essere più precisi. Sabato si festeggia il 25 Aprile.
Nel 1945 l’Italia si liberò definitivamente del nazi-fascismo, cioè di quel micidiale patto tra Mussolini e Hitler che strangolò il Paese e l’intera Europa per un ventennio. Fascisti italiani e nazisti tedeschi hanno stracciato tutte le garanzie di libertà e democrazia, e in più hanno imposto (fascisti italiani e nazisti tedeschi) la teoria della razza, hanno mandato (fascisti e nazisti) milioni di persone nei forni crematori, hanno ridotto i due Paesi (Italia e Germania) in una crisi spaventosa, affamando milioni di cittadini e togliendo loro l’aria della libertà.
Ricordare questo, a 75 anni dalla Liberazione e in piena emergenza coronavirus, puoi aiutarci a capire meglio l’Italia nella quale viviamo. Abbiamo fatto i conti con limitazioni delle nostre libertà per ragioni di salute e – di fatto – di sopravvivenza. Il nemico è invisibile e microscopico. I nostri anziani sono i bersagli più vulnerabili. Ma sono anche coloro che hanno memoria. E possono ricordare con la loro esistenza chi eravamo, da dove siamo venuti. E, in fondo, dove andiamo. La memoria non è roba vecchia, non è archivi ammuffiti.
La memoria è l’essenza della vita. Anzi, è un diritto. Abbiamo diritto a ricordare la Resistenza e quanti morirono e combatterono per la Liberazione di Napoli nelle Quattro Giornate del settembre 1943 e del resto del Paese fino alla gioiosa data del 25 aprile 1945. Ancora di più in territori dalle grandi tradizioni democratiche come Castellammare di Stabia e Torre Annunziata che per la loro vocazione operaia hanno sempre sofferto le angherie dei gerarchi e dei picchiatori fascisti.Ora i neofascisti hanno lanciato l’attacco al 25 Aprile. Dicono, mentendo sapendo di mentire, che vanno onorati tutti i morti. Per dire: Repubblichino di Salò uguale Partigiano. Sappiamo che umanamente è così, civilmente no, e guai a dimenticarlo.
Il 25 Aprile è la festa civile per eccellenza, è la data fondante della nostra democrazia. Di quella cosa, occorre ricordarlo agli smemorati di estrema destra, che consente anche a loro stessi, oggi nel 2020, di dire le corbellerie che sentiamo. Sotto il fascismo e in nazismo, per 20 lunghi anni non è stato così.
Si finiva al confino per una opinione non gradita al Duce. Questo non va dimenticato. Ecco perché è bello raccogliere l’invito dell’Anpi, l’associazione nazionale dei partigiani d’Italia fondata nel 1945 e rappresentativa di tutti i democratici e degli antifascisti (non è l’associazione dei comunisti, per intenderci). E il 25 Aprile sventolare il Tricolore sul balcone di casa e alle 15 intonare “Bella Ciao”. Canto di libertà. E di liberazione. Speriamo presto anche dal coronavirus.
(*Giornalista La Repubblica)