Chi prepara le buste con i generi alimentari per i poveri, chi dà assistenza psicologica al telefono, chi non ha tolto la tuta da infermiere e percorre le città in ambulanza, chi si dedica a intrattenere online i bambini. La vocazione ad aiutare gli altri l’avevano già, ma ora, con l’emergenza coronavirus in atto, possono esprimerla lì dove il bisogno si è trasformato in poche ore in urgenza vera. Sono i ragazzi e le ragazze del Servizio civile universale che sono stati travolti dall’onda del contagio proprio mentre svolgevano i loro compiti ‘ordinari’.
“Potevano scegliere di rimanere a casa, e invece continuano a essere quotidianamente accanto alle nostre comunità” spiega dalla sua pagina Facebook il dipartimento per le Politiche giovanili della Presidenza del Consiglio. Sono 3.200 i giovani che hanno scelto di rimanere in campo, e le loro storie sono raccolte in questi giorni sui principali social sotto l’hashtag #noirestiamoconvoi.
Da tutto il Paese, ragazze e ragazzi, nomi d’origine italiana e nomi che parlano del Mondo, sorrisi e fatica. Vincendo la paura. “C’è, non lo neghiamo – fanno sapere Chiara, Khrystyna, Lorenzo, Serena e Suzana – ma crediamo che il nostro aiuto sia indispensabile a tante persone che si trovano in difficoltà”. Hanno tra i 19 e i 23 anni e prestano servizio alla Croce Bianca di Milano, nell’epicentro dell’emergenza: “Potevamo restare accanto ai nostri cari – aggiungono – ma altri avrebbero fatto lo stesso per noi”.
A Priverno, in provincia di Latina, ci sono Benedetta, Maria ed Elisa. Il loro servizio era in Proloco: come fare, adesso che è necessario rimanere tutti a casa? Le ragazze si sono inventate una attività di giochi, indovinelli e disegni per i bambini, “per preservare le nostre tradizioni locali e avvicinare i più piccoli alla storia e alla cultura dei luoghi. Andrà tutto bene” sorridono dalle foto. C’è poi Sajib che ha vent’anni e svicola per Genova sul suo segway per portare le medicine a chi è costretto a casa: poteva sospendere il Servizio civile, ha detto no. “Non bisogna tirarsi indietro di fronte alle necessità della collettività”. A Mondovì, in provincia di Cuneo, Francesco non smette di lavorare alla Caritas. Con i suoi 23 anni dà il cambio ai volontari anziani, permettendo loro di rimanere a casa.
La mensa dei poveri è ovviamente chiusa, e allora lui prepara le buste da portare direttamente a chi ne ha bisogno e due volte alla settimana recupera l’invenduto dai supermercati. Olga invece era in servizio nel Comune di Este, nel Padovano, e adesso si fa in quattro nella comunicazione istituzionale, nei servizi a domicilio ma anche nell’assistenza psicologica per i più fragili. Ha avuto un’idea, decorare con un arcobaleno la sua mascherina: “Visto che copre proprio il sorriso – spiega – ho ritenuto importante trovare questo modo alternativo e colorato per strappare un pensiero positivo a chi incontriamo sul nostro cammino”