“L’onda della shoà si è infranta con violenza sulle rocce della storia per trasformarsi in sei milioni di gocce. Noi eredi abbiamo il potere di fare riprendere loro il cammino, riportandole di n...
“L’onda della shoà si è infranta con violenza sulle rocce della storia per trasformarsi in sei milioni di gocce. Noi eredi abbiamo il potere di fare riprendere loro il cammino, riportandole di nuovo nel mare”. Così Gheula Canarutto Nemni ci racconta la “memoria”. Ma qual è il significato della “Memoria” per gli ebrei? La Tradizione ebraica è caratterizzata dall’imperativo categorico zachor, ricorda. Il verbo “zachar”, ricordare, viene ripetuto innumerevoli volte nella Bibbia, per sottolinearne l’importanza; al popolo ebraico viene imposto di ricordare e al tempo stesso di non dimenticare, per far sì che ciò che di male è accaduto non si ripeta. La memoria, custodita di generazione in generazione, è un modo per combattere l’oblio, per affermare la propria identità, è la volontà di non abbandonare nel nulla le tracce di ciò che è già successo. Nell’ebraismo il passato non è qualcosa di sorpassato, privo di utilità, ma al contrario serve a vivere il presente.
La memoria ebraica non è ricordo fine a se stesso. La memoria ebraica è ricordo che porta al rinnovamento con un significato molto più profondo e interiore. Gli Ebrei hanno il dovere di ricordare e di farci ricordare la Shoah. Una “Memoria Attiva”, come ha insegnato Primo Levi, che significa per ognuno, e non solo per l’ebreo, assumere i crimini della storia come male fatto a ciascuno di noi, appartenenti tutti alla grande famiglia dell’umanità. Ben vengano allora tutte le testimonianze, articoli, libri di storia, film e conferenze di ogni genere che ci parlino della Shoah, ma una Giornata della Memoria che accusasse il solo passato e che non riflettesse sul presente sarebbe solo una Giornata ipocrita. Se il presente deve illuminare il passato, è soprattutto vero il contrario, che il passato deve aiutare a scrutare meglio il presente per costruire un futuro migliore per tutta l’umanità. Ed è proprio per questo che dovremmo impegnarci affinché il verbo “zachar” diventi consuetudine per tutti: dobbiamo almeno questo ad una popolazione che nel corso della storia ha subito terribili stermini e dolori, a causa dell’egoismo e del materialismo di persone che, più che essere umane, hanno deciso di calpestarli senza un briciolo di compassione. Semplicemente ricordare, ma farlo veramente.
Far sì che la Giornata della Memoria non sia vissuta passivamente, ma interessandosi ogni anno a un nuovo aspetto di una terribile storia di cui ancora oggi le cicatrici sfigurano il volto di un’umanità che era andata perduta. Solo così si conoscerà la storia dei 15000 bambini di Terezín e delle fantastiche persone che cercarono di far passare velocemente quelle giornate grigie insegnando loro a colorarle con i pastelli che avevano a disposizione. Solo così si leggerà la straordinaria poesia “C’è un paio di scarpette rosse” di Joyce Lussu, la cui crudezza è capace di trasmettere immagini talmente vivide e dolorose da trafiggere l’anima. Solo così si vedranno i centinaia di film, dai più classici come “La vita è bella” di Benigni, che con la semplicità dell’amore di un padre è capace di far ridere e piangere contemporaneamente, a quelli più recenti come Jojo Rabbit, uscito il 16 gennaio e già candidato agli Oscar. E infine, una delle canzoni ormai simbolo della Shoah: Gam Gam, di Elie Botbol. Gam Gam è una canzone di sole due strofe, formate da poche righe, tratte dal quarto versetto del testo ebraico del Salmo 23. Un testo estremamente breve, eppure talmente pieno di significati da scuotere l’anima. La cosa “buffa” è che le frasi, che noi associamo solo ed esclusivamente alla morte di 6 milioni di persone, vengono recitate dalla popolazione ebraica ogni sabato, mentre festeggiano lo Shabbat. Per loro è un messaggio di salvezza. Ma del resto frasi come “Anche se andassi nella valle oscura non temerei alcun male, perché Tu sei sempre con me” non dovrebbero in alcun modo portare a pensieri tristi e negativi.
Oggi Gam Gam è cantata specialmente dalle scolaresche, a cui viene fatto imparare il testo a memoria, nonostante esso sia in ebraico. Ciò nonostante, una volta imparata, non si scorda più. Tutte le piccole parole che quando si è bambini sembrano avere poco peso e significato, continuano a risuonare nella testa, giorno dopo giorno, anno dopo anno, sempre più con maggiore consapevolezza. E non è forse questa la vera memoria? Qualcosa di impresso nella mente, completamente impossibile da dimenticare, capace di far tremare anima e corpo al solo pensiero. Dedicare un giorno della propria vita, dopo averne rubati migliaia a milioni di persone che non potranno tornare indietro, che non potranno riavere i loro cari, che pur non avendo nessuna colpa si sono visti privare di tutto, non rimedierà alle cicatrici, ma magari impedirà di crearne di nuove.
Gaia Vitiello, Luca Somma, Cristina di Nocera
Liceo Pascal Pompei e Liceo Severi Castellammare