Il diario dei cronisti di Metropolis
Mi chiamo Ciro Formisano e mi occupo di cronaca giudiziaria. Ho 32 anni, una moglie, un figlio meraviglioso (si chiama Luigi) e un tesserino da giornalista in tasca. Ecco, io sono un rappresentante di quella “casta” che i grillini vogliono spazzare via. Un cronista di provincia (giornalista è una parola troppo grossa per me) che, secondo loro, vive da sanguisuga dello Stato. Io vi racconto quelle che faccio ogni giorno, non per farvi cambiare idea (per carità) ma solo per spiegarvi cosa vuol dire fare questo mestiere. Ogni mattina sfoglio la mia agenda ed esco di casa di corsa dopo aver dato un bacio a Luigi e vado al tribunale di Torre Annunziata. Parlo con decine di avvocati e magistrati. Rincorro ordinanze, inchieste, processi. Alle 14 poi vado in redazione, dove le idee diventano notizie. Ci confrontiamo, mangiando un panino al volo. Poi di nuovo al telefono per verificare le informazioni. In mezzo i tormenti dell’anima. La convinzione che le parole che scriverai potranno ferire qualcuno che ha commesso un errore. “Ma è la verità il nostro unico padrone” come ci dice il direttore. Allora scrivi, impagina, rispondi al telefono. Monta, smonta una notizia. Rincorri lo scoop, torna indietro e ricomincia da capo. Sono le 11 di sera e sono di nuovo in macchina. Sono passate 14 ore da quando ho salutato Luigi. Lui sta dormendo e anche stavolta non ci incontreremo, se non nei miei sogni.