Erano le sei del mattino, la camorra entrò nelle edicole e ordinò di non vendere Metropolis. Noi non arretrammo.Qualche mese dopo arrivò in redazione una busta con dentro tre proiettili. Non arretrammo nemmeno allora.Anzi, più forti di prima, da allora continuiamo a scrivere cose che molti vorrebbero fossero taciute. Senza sconti a nessuno, magari commettendo qualche errore, ma con la schiena diritta.Da allora continuiamo a fare informazione in questo angolo di provincia dove tutto è sopra le righe: la povertà, la disoccupazione, il malaffare, la corruzione, il crimine organizzato che arma i ragazzini e li strappa alle scuole, la malapolitica. Lo facciamo perché è il nostro lavoro, e perché abbiamo sempre sentito lo Stato dalla nostra parte. Quello stesso Stato col quale abbiamo firmato un patto che continuiamo a rispettare, nonostante i venti della crisi, le privazioni economiche di chi è rimasto e i sacrifici di chi invece è stato costretto a cambiare strada anche controvoglia.Teniamo in piedi un’occupazione vera (17 assunti), paghiamo le tasse, depositiamo i bilanci anche alla presidenza del consiglio dei ministri, paghiamo i contributi previdenziali, e soprattutto garantiamo la presenza del nostro giornale in edicola, sostenendo gli onerosi costi di carta, stampa e distribuzione. In cambio riceviamo un contributo che in piccola parte copre alcuni costi sostenuti, non per assistenzialismo ma quale sostegno a garanzia della pluralità dell’informazione in un territorio dove la lettura, purtroppo, è un lusso, e la corte del potere economico di imprenditori o politicanti è sempre pressante, chiaramente con obiettivi che non sono compatibili con l’informazione in cui crediamo, ossia libera e nell’interesse del territorio.Ora però spira un vento pericoloso da ventennio. Adesso il potere allergico alla democrazia e al confronto vuole eliminarci. Già, proprio come tentò di fare quella mattina la camorra.In questo caso Luigi Di Maio è il mandante, Vito Crimi l’esecutore, il taglio dei contributi all’editoria è l’arma di un delitto che i cinquestelle organizzano per bruciare l’ennesima strega sul rogo della loro politica medievale.Noi siamo certi di averlo ancora accanto quello Stato e forti di questa convinzione non arretreremo di un millimetro nemmeno stavolta. Anzi.Noi siamo quelli in questa foto. Non abbiamo padroni, non vogliamo poltrone, non abbiamo interessi politici. Il nostro presente lo abbiamo costruito giorno dopo giorno. I nostri lettori ci conoscono. Tantissimi ci sostengono, molti altri ci odiano perché il compromesso non è la nostra cultura. Ci conoscono anche i camorristi e i politicanti, perché i nostri articoli hanno avviato indagini e aperto processi. E ovviamente ci conoscono anche i cinquestelle locali, che con il nostro giornale stretto tra le mani, appena qualche settimana fa, sfilavano in strada a difesa del territorio mostrando un titolo coraggioso di Metropolis. Loro concordano che va difesa la stampa locale, purtroppo sono solo pedine, e una volta in parlamento obbediscono ai propri capi.Eccoci. Siamo i poteri forti. I poteri occulti. Siamo la casta. I nemici del popolo. Quelli che non vogliono il cambiamento. Così ci dipinge Di Maio, un ministro del lavoro che genera in maniera disinvolta disoccupazione e che al posto dei contributi ci proporrà al massimo il reddito di cittadinanza. Qualcosa che non ci interessa, perché noi un lavoro ce l’abbiamo già, e siamo in trincea per difenderlo.Eccoci. Noi non arretreremo di un millimetro. Fino alla fine non avremo paura, continueremo a scrivere pensando di essere dalla parte giusta, in piena autonomia. Continueremo ad entrare nelle scuole, dove respira e cresce il nostro futuro che qualcuno vuole molle e plasmabile, continueremo a svolgere la nostra funzione sociale. Sì, anche per chi si alimenta dell’odio e del rancore messo in circolo sui social. Lo continueremo a fare finché sarà possibile, investendo le nostre vite e i nostri stipendi nella nostra cooperativa che edita Metropolis, come abbiamo già fatto finora, perché in un territorio dove persino comprare un giornale è un lusso, tenere in edicola un quotidiano è una crociata durissima e faticosa. Ed è anche un dovere.Eccoci. Non siamo eroi e non vogliamo esserlo. Abbiamo affetti e figli che vorremmo goderci il più a lungo possibile. Siamo giornalisti liberi, editori di noi stessi, al servizio del nostro territorio, qualcosa che forse inizia a dar fastidio non solo alla camorra, ma a chi nei fatti sconfessa le parole e considera il confronto una bestemmia.Noi ci abbiamo provato in tutti i modi a dialogare senza pregiudizi, ma la macchina del finto cambiamento continua a produrre odio e falsità per aizzare i cittadini disperati e stremati dalla crisi, e minare la democrazia di questo Paese. Oggi gridiamo ai nostri lettori ciò che invano abbiamo tentato di dire a chi continua a governare con gli slogan.Primo: i tagli dei finanziamenti non interessano minimamente le grandi realtà editoriali, che hanno altre entrate e altri numeri. Secondo: i tagli mirano a cancellare le testate locali che svolgono una funzione sociale fondamentale. Terzo: i tagli rischiano di chiudere decine di redazioni nelle quali, tra mille difficoltà, i giornalisti continuano a raccontare pezzi di Paese altrimenti dimenticati, o peggio, come nel nostro caso, in balìa della camorra, della corruzione e del malaffare. Quarto: metteranno in ginocchio la stampa libera consegnando l’informazione nelle mani di chi avrà la forza e l’interesse di finanziare un altro giornalismo, che non sarà più nell’interesse dei lettori né del territorio.Eccoci. Il ministro Di Maio spari pure, noi non arretreremo. Cadremo in piedi.
CRONACA, metropolis
23 ottobre 2018
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