Torre del Greco. Al «sindaco santo» Giovanni Palomba non riesce il miracolo di trasformare in agnelli i lupi portati via dall’ovile del «diavolo» Ciro Borriello: così – proprio alla vigilia del via alle iniziative religiose organizzate in città per la canonizzazione di Vincenzo Romano – scoppia lo scontro in maggioranza tra i fuoriusciti della precedente amministrazione comunale. Con buona pace della linea Maginot – la teorica linea di demarcazione rispetto al passato, poi sostanzialmente cancellata al momento della composizione delle liste – tracciata dallo storico figlioccio della Dc all’ombra del Vesuvio alla vigilia del voto.
Déjà vu a palazzo Baronale
Mentre il clericalissimo sindaco uscito vincitore dal ballottaggio del 24 giugno – ironia della sorte, san Giovanni – si dedicava insieme a moglie e accoliti a cerimonie e processioni tra Assisi e Pompei, i proseliti strappati all’ovile di Ciro Borriello avviavano una guerra senza frontiere tra palazzo Baronale e palazzo La Salle. Ovvero, il luogo del «vero potere», non a caso sede dei principali uffici comunali. Una guerra prima incentrata sul servizio di mensa scolastica – procedure inviate all’autorità nazionale anti-corruzione – e poi sul progetto da 900.000 euro per i servizi di inclusione attiva in materia di politiche sociali. Con l’assessore Luisa Refuto – inizialmente indicata in giunta dal «soldato» Luigi Caldarola e dalla maestrina Iolanda Mennella, cugina del sempreverde Luigi Mennella del Pd e allieva del presidente del consiglio comunale Felice Gaglione – pronta a dare battaglia al super-dirigente Ernesto Merlino e alla responsabile del procedimento Claudia Sacco, neo-reginetta di un settore finito in varie occasioni sotto la lente d’ingrandimento della procura di Torre Annunziata.
Lo strappo in aula
Dopo le prime schermaglie durante la riunione di maggioranza di inizio settimana, in cui Iolanda Mennella aveva lamentato scarso dialogo con il proprio assessori di riferimento, la battaglia tra gli ex Borrielliani – al fianco di Luigi Caldarola sono scesi in campo il politico-ultrà Pasquale Brancaccio e l’ex golden boy Stefano Abilitato – e Felice Gaglione, ex delfino di Donato Capone, si è improvvisamente accesa in consiglio comunale. Dopo la surroga di Luigi Sanguigno – l’ex candidato del M5S è stato rimpiazzato da Santa Borriello, prima dei non eletti tra i pentastellati – la maestrina della scuola Enrico De Nicola ha ufficializzato l’addio alla lista «Il Cittadino» e il passaggio al gruppo misto di maggioranza. A fare compagnia alla prima dissidente in gonnella Carmela Pomposo, fuoriuscita dalla civica «Insieme per la città» così come Simone Gramegna.
In quattro con 3 incarichi
La fuga in avanti di Iolanda Mennella, inevitabilmente, altera gli equilibri all’interno della maggioranza. Perché ora i quattro superstiti della lista civica «Il Cittadino» – tutti ex Borrelliani – si ritrovano con tre incarichi: l’assessorato di Luisa Refuto, l’assessorato di Vincenzo Sannino – l’ex dirigente ai lavori pubblici voluto in giunta a dispetto dell’avviso di garanzia per concorso in abuso d’ufficio arrivato a metà luglio – e la poltrona da capo dell’assise di Felice Gaglione. Insomma, visti i nuovi numeri, una testa – complici i mal di pancia dei vari Ciro Piccirillo & company – potrebbe inevitabilmente cadere. E non è detto sia di un assessore. Perché in cantiere c’è già la modifica al regolamento comunale per introdurre la sfiducia al presidente del consiglio comunale. Una poltrona a cui – come già accaduto ai tempi di Gennaro Malinconico – l’avvocato Gaetano Frulio guarderebbe con estremo interesse.