Terzigno – Acquistavano carichi di maiali di razza da un allevamento della provincia di Cuneo. Ma in cambio dei suini da macellare avrebbero consegnato all’imprenditore- vittima assegni scoperti. Una mega-truffa, secondo la Procura, che avrebbe causato un danno economico da oltre 2 milioni di euro allo sfortunato allevatore. E’ l’incredibile storia che viene fuori dal processo celebrato davanti al collegio presieduto dal giudice Fernanda Iannone del tribunale di Torre Annunziata. Sul banco degli imputati 9 persone, 9 imprenditori residenti a Napoli, Pompei, Afragola, Nocera e Battipaglia. Sono accusati, a vario titolo, di truffa ed evasione fiscale. Due imputati devono addirittura rispondere di tentata estorsione. Fatti che risalgono, sempre secondo l’accusa, al biennio 2009-2010. Nel mirino anche una ditta con base a Terzigno e alcuni episodi avvenuti, per gli inquirenti, nel Comune di Sant’Antonio Abate. A ricostruire la vicenda, nel corso dell’ultima udienza, è stato proprio l’imprenditore della provincia di Cuneo. L’uomo, visibilmente provato, ha tentanto di ricostruire i fili del dramma finanziario che ha travolto la sua azienda. «Sono rovinato, per pagare i debiti ho dovuto vendere alcuni terreni». Eppure, l’inizio dei rapporti commerciali con quelle aziende della provincia di Napoli sembrava promettere bene. «All’inizio pagavano puntualmente, a 20 giorni. Compravano carichi da 30.000 euro di maiali. Era un buon affare». Poi però comincia l’inferno. «Sono arrivati grandi ordini, ma poi nessuno ha più pagato – il succo del racconto dell’imprenditore – Sono anche sceso al Sud, ma ho ricevuto solo assegni scoperti». L’uomo presenta denuncia e scatta l’inchiesta che coinvolge diversi uffici di Procura in giro per l’Italia. Nel corso dell’udienza ha testimoniato anche un parente dell’imprenditore piemontese che ha raccontato di un tentativo di recupero dei soldi e di un viaggio a Terzigno per provare a incassare parte del credito che l’azienda vantava da una ditta vesuviana. «Uno dei personaggi che si accompagnava al mio interlocutore mi ha mostrato una pistola», ha raccontato l’imprenditore. I due testimoni, però, hanno più volte risposto in maniera vaga alle domande del pm sul ruolo dei singoli imputati, rifugiandosi dietro una lunga serie di «non ricordo». Una testimonianza «boomerang», almeno secondo il collegio difensivo, rappresentato, tra gli altri, dagli avvocati Maurizio Toscano, Angelo Bianco e Giovanni Conte.