La statua di Torquato Tasso dominava il cuore dell’omonima piazza ed era “scortata” da molti alberi da frutto. Qualche giardinetto la rendeva ancora più bella prima di essere spostata di pochi metri qualche anno dopo, così da fare posto all’attuale bar Fauno. Un po’ più avanti c’era il tracciato della tramvia che arrivava fino alla stazione di Castellammare di Stabia. La torre campanaria già esibiva lo storico orologio che scandiva i tempi di una Sorrento differente, assai lontana da quella di oggi. Erano momenti duri, difficili. E di povertà. Perché Sorrento stava affrontando la Grande guerra tanto che il Comune si ritrovò vicino al dissesto finendo in mano a un commissario prefettizio. Era la vigilia della primavera del 1918 e quell’epoca ora viene snocciolata in documenti, atti e delibere di un tempo dall’incredibile valore storico e culturale. Il Comune le conserva gelosamente in archivio e lo storico Fabrizio Guastafierro le ha trasfuse in riepiloghi digitali sul portale Il Meglio di Sorrento, che ospita da pochi giorni l’Osservatorio sul turismo.
Comune unico
Un secolo fa, Sorrento era un grande comune perché negli anni del fascismo riuniva pure Meta, Piano e Sant’Agnello. Insomma, una sola grande città fino al 1946 quando ci fu la separazione. Non furono anni semplici. Tra gennaio e febbraio 1918, il consiglio comunale di Sorrento fu dichiarato sciolto e si insediò il commissario prefettizio. Nel dettaglio, Ernesto Giobbe: un barone ma anche cavaliere e avvocato fregiato del titolo di regio commissario. Guidò Sorrento fino al 1920. Premessa: prima dell’arrivo del commissario, il sindaco era il socialista Lello Cappiello che però fu costretto a passare la mano perché reclutato per gli obblighi di leva.
Crisi economica
Il commissario Giobbe si trovò a gestire un Comune in affanno, al verde. Tant’è che si rese necessario contrarre dei mutui per fronteggiare insolvenze di circa 100mila lire. Oltre che confermare le tasse sull’acqua e sul bestiame. Come nota Guastafierro, «il bilancio era assai precario, se non fittizio». Alcuni dipendenti non vennero pagati, ci furono buchi nei conti e si rese doveroso riconoscere alla pianta organica del Comune l’indennità del “caro viveri”, pari al 25 per cento degli assegni goduti in precedenza. In tutt’Italia persistevano emergenze economiche dettate dalla Prima guerra mondiale. A Sorrento le cose peggiorarono e Giobbe si vide costretto a rateizzare nuove masse debitorie con due mutui, da 50mila e 20mila lire, estinti in 35 e 50 anni. Senza dimenticare i prestiti, tra cui uno di 28mila lire, ottenuto dalla Cassa depositi con l’obiettivo di pagare le bollette vecchie di due anni. Una sorta di default quella dell’ente che si ritrovò nel baratro quando i servizi di trasporto della società Tranvie furono vicini alla sospensione. Motivo? Il solito: niente soldi. Fu così che si ricorse ad espedienti e sussidi, compreso un contributo di 3mila lire circa all’anno.
La ripresa
Poi la lenta ripresa, dettata soprattutto dal comparto turistico. Con Sorrento che seppe mettere la testa fuori dal guscio e smaltire i postumi di una crisi profonda. Una storia preziosa, tutta da rivivere, ripresa passo dopo passo da quei verbali e da quelle delibere che assumono un ruolo incisivo in un momento del genere, cento anni dopo, in cui la città del Tasso è presa d’assalto da migliaia di turisti e gode di un momento di salute nonostante il traffico bestiale. Altro che tramvia.