“Giacomo era per me un fratello. Ogni mattina, la nostra giornata cominciava prendendo un caffè insieme. E ieri, alle 7, gli ho telefonato, come facevo sempre. Il telefono squillava ma lui non mi rispondeva. Tre volte l’ho richiamato. Ma niente. E mi ha sorpreso, perché non era mai successo che lui non mi rispondesse”. Domenico Cesarano, imprenditore edile di Santa Maria la Carità, si ferma a ricordare l’architetto del Comune di Torre Annunziata, che ha perso la vita con la moglie Edy e il figlio Marco, nel crollo della palazzina di Torre Annunziata. “Tre volte ha squillato il suo telefonino, poi mi hanno detto: ma non sai niente? È crollata una palazzina a Torre Annunziata. Mai avrei immaginato che si trattava della casa di Giacomo”. Piange, con la moglie, l’imprenditore. “Eravamo passati all’obitorio dell’ospedale San Leonardo per dargli un saluto. E mi hanno detto che lui e la moglie erano invece qui al Cimitero di Castellammare di Stabia – racconta l’uomo – Ma ho trovato le porte chiuse. Abbiamo sempre preso il caffè insieme, e invece ora non posso nemmeno salutarlo”. Ma le aveva mai parlato dei lavori di quella palazzina? “Sì, qualche volta mi aveva accennato che bisognava ristrutturarla”. La moglie elogia i coniugi Cuccurullo: “Andavamo a cena insieme. Lui era un uomo così solare, dolce, umile – afferma la donna – E la moglie era proprio in gamba, una persona molto attiva nella Cgil”. Marco, il figlio, di cosa si occupava? “Era all’università. Ma aveva la passione dei fuochi d’artificio accompagnati dalla musica. Usava il computer per comporre giochi pirotecnici e di musica sull’acqua. Era molto in gamba”.
CRONACA
8 luglio 2017
Torre Annunziata, l’ultima telefonata a Giacomo Cuccurullo