Tifoso del Napoli, scaramantico fino allo svenimento. Sempre in tuta e con l’immancabile mozzicone di sigaretta tra le dita. «Lei deve sapere che qui siamo certi che Maurizio Sarri non vada alla Juventus. Sa perché? Non indosserebbe mai giacca e cravatta».
L’accento toscano di Roberto Bacci, uno dei primi dirigenti a puntare sull’attuale allenatore del Napoli, riporta subito alla mente il suo tipico atteggiamento «campagnolo». «Ma sì, lui è così – ripete l’ex direttore sportivo del Tegoleto, grande amico di Sarri – Maurizio non è cambiato da quando allena il Napoli. Lo ricordo impulsivo come oggi, sempre furioso in mezzo al campo».
Ma partiamo dal passato, Bacci, perché lei scelse proprio Sarri come allenatore del Tegoleto?
«Tutto è nato tramite amici in comune. Io ero solito andare a trovare un vecchio allenatore del Tegoleto, Beppe Forasassi, amico proprio di Maurizio e venditore di oro. Lo conobbi così, per caso. Da quel caffè è nata una bella amicizia. Maurizio all’epoca allenava delle squadre vicino Firenze, aveva tante richieste. Quando gli proposi il Tegoleto rifiutò. Poi dopo tre giornate di campionato, quando la situazione non era rosea, decisi di richiamarlo. Fu così che accettò e realizzò uno dei suoi primi miracoli, regalandoci la salvezza in Eccellenza. Fu un traguardo importante quello, Tegoleto conta più o meno 1500 abitanti».
Un uomo tutto d’un pezzo, Sarri. Anche all’epoca era scaramantico?
«Lo è sempre stato (ride, ndr). Ricordo che una domenica successe il putiferio perché non trovò il suo solito posto macchina prima della partita. Scoprimmo che era di un anziano che era andato in paese e che nemmeno avrebbe guardato la gara. Maurizio non avrebbe giocato se il signore non avesse spostato la sua macchina. Effettivamente, riuscì a parcheggiarla nel posto solito e il Tegoleto vinse il match».
Non è cambiato, quindi?
«No, per nulla. Quando lo vedo in A riconosco lo stesso Maurizio, sempre impulsivo e un po’ dall’aria campagnola. Ha sempre indossato la tuta, a Tegoleto veniva agli allenamenti sempre in t-shirt e calzoni neri. Era un tipo davvero particolare, ma buono. Con lui si poteva parlare di tutto. Ricordo quando mi disse che aveva un’offerta dalla Sansovino in D. Gli risposi “Maurizio, sei libero di fare quello che vuoi. Anzi, noi siamo contenti per te. Non c’è problema”».
A Napoli, e non solo, per molti resta mister «33 schemi».
«Vero, è un nomignolo ideato da Fabrizio Ferrari. Maurizio è uno specialista delle palle inattive da sempre, cura tutto nei minimi dettagli. Il calcio è la sua passione, lavora molto. Del resto, ha scelto il campo alla banca. Aveva mille metodi e schemi anche all’epoca. Ma devo dire che adesso è diventato sicuramente più professionale».
L’unica critica rivolta spesso a Sarri è per l’integralismo tattico. Secondo lei perché?
«Forse perché lui tende a fidarsi molto dei calciatori con cui ha amicizia, però è impossibile contestargli qualcosa. A Napoli s’è rivelato competitivo con Juventus e Real Madrid, va elogiato per il suo lavoro. Ieri è stato spettacolare sapere che ha vinto la Panchina d’oro. Ormai tutta Tegoleto tifa per il Napoli, speriamo vada sempre più in alto».
Ma davvero ha sempre tifato per il Napoli?
«Certo, questa non è una barzelletta. Lui è legato al Napoli da sempre, perché lì ci è nato».
Di quel suo Tegoleto c’è anche Calzona, il vice di Sarri.
«Ciccio è un grande, lui all’epoca era un calciatore-allenatore. Si stimano molto, ormai fanno coppia fissa. E’ un orgoglio poterli ammirare insieme in Serie A. Calzona è stato al Tegoleto per ben quattro anni, aveva un bar in Toscana. Sarri aveva capito il suo talento, adesso è diventato un esperto di tattica».
Resterà a Napoli?
«Questo dovrebbe dirmelo lei, io spero di sì. Anche se tifo Milan. Mi raccomando, mi saluti Maurizio. Se le chiederà di Roberto Bacci, le dirà di sicuro “il mitico sguscio”. E’ il mio soprannome per la mania delle noccioline».