Ercolano. Per lo Stato che ha arrestato e condannato i suoi assassini è un ragazzo senza colpe ucciso per sbaglio durante un agguato di camorra. Per lo Stato che fa le leggi, invece, è solo uno dei tanti morti ammazzati. Un nome da inserire nel “limbo” di quelli che – per i burocrati – non “meritano” di essere chiamati “vittime innocenti”. E tutto per una parentela di quarto grado tra un suo familiare e un camorrista.
Il paradosso della legalità ha il volto di Salvatore Barbaro, un ragazzo di Ercolano che il 13 novembre del 2009 venne ucciso da un commando armato in via Mare. La sua colpa, secondo i pentiti, fu quella di avere la stessa auto di un boss del clan Birra-Iacomino. I killer assoldati dagli Ascione-Papale, l’altra cosca coinvolta nella guerra, presero un abbaglio, uccidendo un ragazzo che con la camorra non c’entrava niente. Il killer di Salvatore è stato già condannato, in primo grado, a 30 anni di carcere. Gli altri assassini rischiano di finire dietro le sbarre il resto dei loro giorni.
Eppure la giustizia, per la famiglia di quel ragazzo semplice che sognava di diventare un cantante famoso, viaggia su due binari diversi. La legge che stabilisce i criteri necessari a essere riconosciuti come vittime innocenti dice che non bisogna essere imparentati con persone considerate vicine ai clan fino al quarto grado. Tradotto: basta avere in famiglia un parente lontano – spesso anche sconosciuto – per non essere considerati “innocenti”.
Una beffa per le centinaia di “martiri” della camorra “colpevoli” solo di essere parenti alla lontana con dei camorristi. Un caso che in questi anni è già finito più volte al centro delle polemiche, con tanto di esposti e richieste di modifica della legge recapitate al ministero della Giustizia.
Un caso di cui oggi è vittima anche Salvatore Barbaro: innocente per tutti ma non per la legge. Tutta colpa di una parentela di quarto grado tra un suo familiare e un uomo considerato organico al clan Ascione-Papale, la stessa cosca – paradosso nel paradosso – che oggi si trova alla sbarra per rispondere del suo omicidio. La domanda di riconoscimento dello status di vittima innocente presentata dai suoi familiari ora rischia di arenarsi.
Un’altra mazzata per i familiari di Salvatore che da 7 anni aspettano giustizia in silenzio, tormentati dai ricordi e afflitti da un presente fatto di processi e carte bollate. Una vicenda assurda che ha spinto l’associazione anti-racket a scendere in campo per difendere la memoria di quel ragazzo senza colpe. «Assieme al sindaco, Ciro Buonajuto porteremo questo caso all’attenzione del ministro della giustizia – afferma l’ex primo cittadino, Nino Daniele, oggi presidente dell’associazione degli eroi anti-pizzo – Chiederemo un incontro ufficiale per parlare di questa vicenda. Credo che la legge sia giusta, ma in casi come quello di Salvatore occorre concedere un minimo di discrezionalità ai giudici, in modo da far si che venga fatta davvero giustizia per una famiglia che ha sofferto tanto in questi anni».