Torre Annunziata. «Non ho bisogno di scrivere a Babbo Natale ma a te si papà, fammi questo regalo per Natale: usa la testa, cambia e prova a pentirti di tutti i tuoi sbagli».Ventuno righe scritte su un foglio bianco, accartocciato e sigillato da un nastrino rosso. E’ questo l’addobbo che Chicco (nome di fantasia) ha lasciato ieri pomeriggio sull’albero di Natale nell’oratorio dei salesiani. Ha 14 anni e vive da cinque mesi nella comunità salesiana, la casa di mamma Matilde nel rione murattiano. Suo padre è in carcere: dovrà scontare ancora decine di anni per l’accusa di spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti, ma quella più pesante è di omicidio. Il suo nome compare nelle informative della Dda, uomo di spicco del clan locale. Chicco ha vissuto per anni sotto lo stesso tetto, ha visto con i suoi occhi il sistema della camorra e assistito all’arresto di suo padre in piena notte. Dormiva: ricorda solo i passi delle divise, le urla di sua madre e le sirene delle pattuglie dei carabinieri. Da quel giorno l’inferno. E’ stato trasferito nella casa famiglia di Caserta, poi Napoli ed infine a Torre Annunziata. Ieri il suo appello lasciato sull’ albero della speranza dove quella lettera è stata subito notata dal parroco e dagli operatori. Nessuna lista di giochi, nessuna richiesta particolare di videogiochi o cellulari: Chicco ha chiesto la cosa più semplice e forse per questo la più inaspettata. Invece di scrivere a Babbo Natale ha scritto ai suoi genitori: «E’ vero, per colpa dei tuoi sbagli ora sei in carcere ma non è vero che puoi restarci per sempre- si legge nella lettera – puoi cambiare, basta usare la testa. Mamma si sta facendo una nuova vita perchè siete ormai separati ma io spero sempre che possiamo tornare tutti e tre insieme». Le lacrime macchiano il foglio e l’inchiostro fa a fatica a scivolare sulla carta. «Leggere quella lettera mi ha fatto commuovere – spiega don Antonio Carbone – è vero, ogni giorno sentiamo e viviamo mille emozioni, ma quelle che Chicco ci sta dando sono più forti di tutte. E’ cresciuto in un contesto difficile dove riuscire a non diventare come suo padre è stato un miracolo. La famiglia – continua ancora il parroco – è la culla dove si cresce, si trascorre più tempo e avrebbe intrapreso probabilmente la stessa strada dell’illegalità se non fosse arrivato qui». Nella lettera Chicco racconta la sua giornata trascorsa nella casa famiglia di mamma Matilde partendo dalla sveglia, poi le lezioni a scuola e infine i momenti di confronto dove il ragazzino è riuscito a raccontare la sua storia, liberarsi delle sue paure. Poi il colpo di scena. «La lettera è una testimonianza – conclude don Antonio – che strappare quei ragazzi a contesti di criminalità è difficile ma non impossibile, poi le soddisfazioni arrivano, continuano a seminare amore e la parola di Dio per combattere la camorra».
CRONACA
15 dicembre 2016
La lettera di Natale al papà-boss: «Promettimi che ti pentirai»