L’odore del grano e il sudore del lavoro non ci sono più. A Mariconda, il quartiere degli operai dell’Antonio Amato è soltanto un ricordo lontano. Un’epopea industriale cancellata in un ventennio, con il rumore dei macchinari e i passi pesanti delle scarpe da lavoro dei lavoratori soppiantati da gruppi di clochard e writers che hanno fatto dello stabilimento il loro regno. La produzione, dai primi anni Novanta, è stata spostata in via Tiberio Claudio Felice, dove continua tutt’ora sotto la gestione della famiglia Di Martino che ha acquisito lo storico brand. Lo stabilimento di via Picenza invece da sei anni, dopo il fallimento della società immobiliare Amato Re che voleva trasformare l’area in un complesso residenziale di turno, è finito nel degrado. Il complesso industriale da tempo è in vendita con un ribasso del 25% rispetto ai primi incanti, ma anche correlato – per chi vuole – con i diritti di utilizzo del progetto stesso. Dai circa 12 milioni di euro richiesti inizialmente, infatti, adesso il prezzo supera di poco i 4 milioni di euro. Quattro, per il momento, gli imprenditori, tutti impegnati nel settore edile, interessati all’area e che hanno intavolato una discussione con commercialista Enrico Lanzara, curatore fallimentare dell’Amato Re, e dagli avvocati responsabili della procedura, gli avvocati Filippo Castaldi e Giovanni Noschese, rispettivamente del foro di Nocera Inferiore e di Salerno. Per ora si tratterebbe solo di richiesta d’informazioni sommarie, in vista della prossima asta a ottobre. Già quasi un anno fa la Tecnimont Spa e l’Ateliers Jean Nouvel si sono impegnati a vendere e a trasferire alla curatela della Amato Re il progetto relativo all’area edificabile dell’ex Pastificio di via Picenza, completo di tutti gli elaborati come già a suo tempo consegnato da Tecnimont alla Real Estate in bonis e già approvato dal dal Comune di Salerno con il Pua adottato dalla giunta municipale nel giugno 2009.
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